L’IMPORTANZA DEL MEDICO GENERALISTA
“La medicina di emergenza e quella specialistica sono fondamentali, ma è il rapporto prolungato tra i medici di base e pazienti che fa davvero la differenza”. Scrive così Atul Gawande, chirurgo e giornalista statunitense.
Dalla seconda guerra mondiale, tendiamo ad avere una visione eroica della medicina. Grazie alla scoperta della penicillina, dei vaccini e di tutta una serie di antibiotici che sono riusciti a curare malattie considerate incurabili, la medicina è diventata la soluzione a problemi che solo “il cielo”, si pensava, avrebbe potuto risolvere. Da quel momento, abbiamo cominciato a costruire i nostri sistemi sanitari come fossero un corpo dei vigili del fuoco, di cui i medici diventano, appunto, i nostri salvatori.
Ma se le malattie sono come incendi, ce ne sono alcuni che si estinguono solo dopo mesi o anni e altri che possono essere solamente contenuti.
I trattamenti possono avere effetti collaterali e complicazioni che richiedono attenzione, motivo per cui la prevenzione, le visite regolari e le cure incrementali sono di fondamentale importanza.
Diversi studi dimostrano che i Paesi con un indice basso di mortalità sono quelli che possiedono una percentuale maggiore di medici generalisti.
La capacità dei medici di usare le informazioni essenziali per comprendere e modificare il futuro sta migliorando in vari modi. Esistono almeno quattro tipi di informazioni fondamentali per la nostra salute e il nostro benessere futuro: quelle sullo stato dei nostri sistemi interni (i risultati delle risonanze, delle analisi di laboratorio e del sequenziamento del DNA); quelle sulle nostre condizioni di vita (casa, comunità, economia e ambiente); quelle sulle cure che riceviamo (cosa hanno fatto i nostri medici per noi e quali farmaci o interventi ci hanno prescritto); e quelle sui nostri comportamenti (sonno, esercizio fisico, alimentazione, attività sessuale, rispetto delle cure prescritte).
Le potenzialità di queste informazioni sono così enormi che quasi ci spaventano.
Ma la vera ricchezza di queste informazioni risiede nella particolare attenzione che il medico ha nei confronti del paziente. Il “trucco giusto”- sostiene Gawande – è stato trovato nel 2017 grazie a uno studio avvenuto in un quartiere di Boston, il Jamaica Plain. A servizio della comunità c’erano tre medici a tempo pieno, tre infermieri specializzati, tre assistenti sociali, un’infermiera, un farmacista e un nutrizionista.
Nel complesso, riuscivano a visitare circa 14 mila pazienti all’anno in quindici studi, operativi ogni giorno a pieno ritmo. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile che andare da uno di loro per qualsiasi problema fosse meglio che rivolgersi a un medico specialista. La risposta, inevitabilmente, arriva da sé: è una questione di rapporto. Lo si capisce dal fatto che i dottori, gli infermieri e il personale che lavoravano nell’accoglienza, chiamavano per nome quasi tutti i pazienti che entravano. Spesso li conoscevano da anni e magari avrebbero continuato a vederli per altrettanti.
Avere un medico che ci cura e ci visita regolarmente, una persona che ci conosce, influisce molto sulla nostra disponibilità a rivolgerci a lui in caso di sintomi gravi. L’impegno dei medici a seguire i pazienti nel tempo, li porta dunque ad adottare un approccio alla soluzione dei problemi che è molto diverso da quello dei dottori che sono spinti dal sistema ad occuparsene solo occasionalmente.
Fonte:
Internazionale.it